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Oggi abbiamo decidere di raccogliere il racconto di un amico, che ha voluto condividere con noi il racconto della sua "prima volta" in canyoning. Paure, aspettative ed emozioni intense: un viaggio all’interno del fiume visto con gli occhi nuovi della prima esperienza.

La sera prima - Sono a Balmuccia da poco meno di una settimana, e quelle montagne, così diverse da quelle cui sono abituato, mi hanno già largamente conquistato, come tutta la Valsesia. È sabato sera, e attorno al bar del Monrosa Rafting si fa festa tra vecchio blues e birre doppio malto. Quando mi rendo conto del fatto che solo qualche ora dopo - davvero poche per la verità - dovrò svegliarmi per fare un'attività sportiva che non conosco in un ruscello dall'acqua gelida, decido di far presenti le mie perplessità ad una delle Guide. "Ti butto in acqua una volta, se non ti sei ancora svegliato ti ci butto una seconda e se serve anche una terza" - mi dice - "e vedrai che ti svegli di sicuro".
La seconda e la terza, alla fine, non saranno necessarie.

 

Tra terra, acqua e aria - Per il risveglio, alla fine, non si sente il bisogno di un triplo lancio in acqua. L'aria frizzante che si respira nel quarto d'ora di cammino sul sentiero di montagna che conduce al primo salto nel fiume contribuisce al risveglio psico-motorio e aiuta a calarsi nell'atmosfera che regnerà incontrastata nelle successive tre ore di canyoning. Poi c'è quel primo salto, e tutto diventa più pieno, mano a mano più reale. Perché arrivi il benessere in senso stretto basta aspettare pochissimi minuti: il corpo si abitua, aiutato dalla muta termica, e qualche bracciata casuale ti rende consapevole di non essere in completa balìa della corrente. Di lì, non rimane che seguire il flusso, tra acqua, terra e aria: tratti di fiume alternati ad altri di cammino/arrampicata fino ad arrivare ai momenti più adrenalinici, quelli dei tuffi nel fiume da altezze diversificate. Essendo un'attività pensata per tutti, è possibile evitare i salti in acqua dalle altezze più vertiginose (10 e 12 metri) calandosi con una corda e servendosi dell'aiuto della Guida, sempre attenta a rendere l'esperienza di ogni partecipante sicura e godibile.

Ciò che resta - Tra scivoli d'acqua naturali e scenari meravigliosi si arriva al termine di un'esperienza che si trasforma velocemente uno stato mentale destinato a lasciare a tracce sensibili in chi vi si è abbandonato totalmente, mettendo (pur temporaneamente) da parte i fattori più fastidiosi e stressanti della vita quotidiana.

Proprio questa è, a mio avviso, l'eredità più preziosa di una giornata nel torrente: la fioritura di un nuovo patto con una natura troppo spesso ignorata o dimenticata in un silenzioso angolo d'Italia che offre possibilità riconciliazione con gli elementi naturali, oltre che svago, relax, divertimento. Non è poco ed è, potenzialmente, per tutti: per chi nuota così e così, per chi non fa dell'atletismo il proprio punto di forza, ed anche per chi la sera prima ha bevuto qualche birra qua e là. È abbastanza comune pensare di dover andare dall'altra parte del mondo per staccare la spina, rilassarsi, dimenticare la città, le sue brutture, i suoi schemi, la sua routine. Non è neanche sbagliato, in fondo. Però esistono altre possibilità, ben più alla portata da un punto di vista spazio-temporale, oltre che economico. Una di queste è proprio quella di cui vi ho parlato. Al Monrosa Rafting, in Valsesia, nel momento esatto in cui metti la testa fuori dall'acqua dopo un tuffo. La città non è mai stata così lontana, né così inutile.